Percorrendo la statale 80, lasciandosi la città di L’Aquila alle spalle, nei pressi di San Vittorino, è possibile ammirare, già dalla strada i resti di un’antica ed importante città, Amiternum. Le motivazioni, tra cui quelle storico-politico e religioso, che hanno contribuito a mantenere vivo il ricordo di Amiternum nei secoli, sono numerose. Senza dubbio i resti della città dovettero rimanere visibili per molto tempo; Biondo Flavio da Forlì, nel 1542, nella sua ricostruzione geografica dell’Italia, cita anche Amiternum, dicendo che era situata a circa cinque miglia dall’Aquila «sulla schiena piana del monte» e menziona i resti del teatro e dei templi. Sempre nel Cinquecento, Gerolamo Pico Fonticulano nella sua Breve Descrittione di Sette città illustri ci parla del materiale archeologico proveniente da Amiternum.
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In questo articolo vogliamo portarvi a conoscere meglio uno dei due siti archeologici che rimangono adesso della città romana, che era situata ai margini nord-occidentali della Sabina interna, attraversata dal fiume Aternus. Sotto il controllo romano, Amiternum, divenne un grande centro urbano caratterizzato da un importante nodo stradale in quanto la città era situata lungo l’antica Via Cecilia, e da qui si snodavano la Via Claudia Nova e due diramazioni della via Salaria. Nelle due aree archeologiche, separate dalla viabilità moderna, si possono ammirare i resti del teatro e dell’anfiteatro romano. Le ricerche archeologiche recenti sono volte a rendere evidente al visitatore il rapporto tra le strutture emergenti, che oggi appaiono del tutto isolate dall’originario contesto urbano. Le finalità di tali operazioni, oltre naturalmente agli interventi di restauro e valorizzazione, sono mosse dalla doppia necessità di rendere meno isolati gli edifici per spettacolo, attraverso il riemergere della struttura edilizia, e di comprendere i fenomeni che dall’epoca italica hanno portato alla monumentalizzazione di età romana.
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La città, infatti, durante la seconda metà del I secolo d.C. subì un’espansione oltre il fiume, con un’importante riorganizzazione urbana che investì aree non edificate e comportò un’ulteriore monumentalizzazione degli edifici già esistenti. Fu proprio oltre il fiume che venne realizzato l’anfiteatro, edificato nella zona pianeggiante rimasta libera nella ripartizione urbanistica.
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L’edificio era quasi interamente circondato da gradinate, oggi purtroppo scomparse, mentre sono ancora ben riconoscibili l’arena, la galleria anulare a ridosso del muro del podio e l’ambulacro esterno. Gli ingressi all’arena si trovano lungo l’asse maggiore, mentre sull’asse minore si aprono due ingressi che conducevano a dei locali di servizio. Il settore settentrionale fu interessato da importanti interventi di consolidamento che variarono volumetrie e percorsi. La conseguenza a questa opera antica di restauro è l’asimmetria tra il settore settentrionale e quello meridionale. Gravi problemi statici dovettero interessare la parte settentrionale dell’edificio, quella costruita per prima, che continuò ad essere innalzata e rinforzata nonostante i dissesti evidenti. Realizzato in opera a sacco con cortina laterizia rivestita con cocciopesto, l’anfiteatro, con una capacità di 6.000 spettatori, conserva l’intero perimetro e le murature in laterizio; si possono ancora ammirare le basi di colonne realizzate con mattoncini perfettamente sagomati.
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Il monumento fu ampliamente rimaneggiato nei secoli successivi e con la sua grande mole rappresentò un elemento di grande impatto urbanistico, infatti già da lontano segnalava la presenza della città.
Affascinante è la storia che precede la realizzazione dell’anfiteatro, progettato forse in una zona troppo vicino al fiume, tanto che durante lo scavo delle fondazioni si decise di spostarlo più vicino al rilievo collinare. I primi disegni del monumento per ora noti furono allegati nell’opera di Carlo Franchi e risalgono alla metà del XVIII secolo, si tratta della pianta dell’edificio e del disegno dei resti delle arcate. Nel 1831 l’architetto Cendrier scriveva «La cinta esterna esiste con le arcate in mattoni ed alcune tracce di gradini all’interno. Su una delle sue parti si trovano anche delle costruzioni in reticulatum che sono anteriori. Esse consistono in blocchi posti nelle arcate, talaltra in pezzi di muri di cui ci si è serviti per appoggiare i muri dell’anfiteatro e che non si legano in alcun modo con quelle, quanto al modo di costruire.» Anche se è assai probabile che ci siano state delle esplorazioni dell’area dell’anfiteatro nel corso dei secoli, non si hanno tuttavia notizie di scavi, è nel 1966 che iniziarono gli scavi per scoprire l’intero monumento e furono successivamente seguiti da lavori di restauro dello stesso.
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Nella stessa area archeologica, accanto all’anfiteatro, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, è stata individuata una grande domus a peristilio. L’edificio, che si struttura intorno ad una corte rettangolare, presenta ambienti dove è possibile ammirare mosaici e pareti decorate da intonaci policromi, disposti seguendo un corridoio porticato. Si può risalire all’epoca della sua costruzione grazie ai materiali rinvenuti nel piccolo saggio realizzato nel 1995 all’interno del peristilio, databili alla metà del I sec. d.C. Ad un primo impianto con planimetria articolata intorno ad una corte centrale, si susseguirono dei rimaneggiamenti che comportarono la chiusura degli intercolumni del peristilio porticato e la costruzione delle absidi in alcuni ambienti. Questi interventi interessarono anche una conseguente sistemazione della pavimentazione che, adesso, offre mosaici geometrici databili tra la fine del II e il III secolo. I mosaici mostrano la presenza di decorazioni geometriche in bianco e nero, e negli ambienti ristrutturati le decorazioni musive sono quelle in voga durante la prima fase della cristianizzazione del territorio.
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L’abbandono della struttura sembra essere stata causata da un vasto incendio, che ha lasciato evidenti tracce di combustione nella stratificazione sottostante. L’ultima fase di frequentazione è caratterizzata da una riduzione degli spazi abitati sia nelle dimensioni che nella dignità decorativa. Fino ad ora non è stato possibile accertare la destinazione della struttura, per la quale può essere solo ipotizzata la proprietà privata nella fase di costruzione, ed un eventuale trasformazione dell’edificio in chiave pubblica e adibita successivamente a funzioni legate alla sempre più forte presenza cristiana nel territorio.
A cura di Veronica Recchiuti
Bibliografia
- TUTERI R. 2019 “Amiternum. Civitas Splendidissima” in REDI F. (a cura di) Viaggio nei secoli. Popoli e insediamenti nell’Alta Valle dell’Aterno, L’Aquila
- “Amiternum: guida archeologica” testi a cura di Giulio Pacifico, Simonetta Segenni, Rosanna Tuteri, Centro di studi sallustiani, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo
- SEGENNI S. 1985 “Amiternum e il suo territorio in età romana”, Pisa
Come arrivare:
Il teatro e l’anfiteatro sono parte del patrimonio della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la città dell’Aquila e i comuni del cratere.
E-mail: sabap-aq@beniculturali.it
Casa vedere nelle vicinanze:
- Teatro di Amiternum.
- Catacombe di San Vittorino.
Per visitarle contattare il numero: 0862 463010
4 pensieri su “L’area archeologica dell’Anfiteatro di Amiternum”